La leucemia mieloide cronica (LMC) rappresenta circa il 15% dei casi di leucemia e si stima che colpisca ogni anno in Italia circa 1.150 persone, i maschi più spesso delle femmine. Il tasso di incidenza stimato è di 1-2 casi all'anno ogni 100.000 persone. L’età mediana alla diagnosi è circa 65 anni e solo circa il 30% dei pazienti hanno meno di 60 anni alla diagnosi. Le leucemie mieloidi croniche possono essere suddivise in due categorie di rischio: alto rischio, basso rischio. La categoria di rischio viene definita sulla base di alcuni fattori, tra cui: età, dimensioni della milza, percentuale di blasti (cellule immature) nel sangue periferico, percentuale di eosinofili e basofili, numero di piastrine.
La categoria di rischio della malattia può influenzare la risposta alla terapia e la sopravvivenza dei pazienti.
Il trattamento della LMC si basa principalmente sull'utilizzo di un gruppo di farmaci che si chiamano inibitori delle tirosin chinasi (TKI). La chemioterapia e il trapianto di cellule staminali da donatore vengono utilizzati solo in casi selezionati. La terapia, dopo l’introduzione dei TKI, ha migliorato enormemente le prospettive di vita dei pazienti affetti da LMC: se la risposta al trattamento è ottimale (come succede nella maggior parte dei casi) i pazienti hanno un'aspettativa di vita simile a quella della popolazione normale.
La numerosità dei TKI disponibili per il trattamento della LMC comporta lo sviluppo di scenari diversi tra loro a seconda della scelta che viene effettuata dopo la I Linea di trattamento in considerazione anche della cross intolerance tra TKI. I TKI di II e III generazione sono stati introdotti allo scopo di superare la resistenza o la tolleranza del paziente alla I linea di trattamento.
Il trattamento standard della leucemia linfoblastica acuta è la chemioterapia. Per i pazienti che non rispondono alla terapia chemioterapica di prima linea, o che vanno incontro a recidiva, il trattamento preferenziale è il trapianto allogenico di cellule staminali, molto efficace ma a elevata tossicità. I pazienti anziani o in condizioni generali compromesse vengono spesso esclusi da questa opzione terapeutica ma possono beneficiare della somministrazione di un’altra classe di farmaci, gli inibitori della tirosin-chinasi (TKI), piccole molecole che si legano alle tirosin-chinasi, proteine specializzate nel controllo della crescita cellulare. I TKI inibiscono le tirosin-chinasi bloccando così la crescita delle cellule tumorali.
I TKI di terza generazione, efficaci contro le più conosciute mutazioni del gene BCR-ABL1 del cromosoma Philadelphia e sono attivi anche sulla mutazione T315I resistente alla maggior parte degli inibitori delle tirosin-chinasi.
OBIETTIVO EDUCAZIONALE DEL CORSO
Obiettivo di questo corso sarà quello di consentire agli specialisti interessati di confrontarsi sulla gestione pratica della presa in carico del paziente con LMC e LLA Ph+.
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